5 aprile 2024 – “Lo sport per la promozione di società pacifiche e inclusive”. È questo il messaggio dell’undicesima Giornata Internazionale dello Sport per lo Sviluppo e la Pace che si celebra domani, 6 aprile, e che fa da cornice ai risultati dell’indagine qualitativa “ADA INFORMA: LO SPORT E LE MALATTIE NEUROMUSCOLARI”. La ricerca nasce nell’ambito del progetto educativo “La SMAgliante ADA”, con l’obiettivo di approfondire la conoscenza e l’impatto che la pratica sportiva adattiva (lo sport accessibile a chi vive con una disabilità) ha sulla quotidianità, sulla salute e sul benessere psico-fisico di bambini, ragazzi e adulti con SMA e Distrofie Muscolari.
“In questa giornata in cui si celebra lo sport come potente strumento per rafforzare i legami sociali, la solidarietà, la pace e il rispetto, la voce di chi pratica uno sport adattivo è preziosa per costruire conoscenza su un tema ancora poco esplorato dal punto di vista scientifico – dichiara Alberto Fontana, presidente dei Centri Clinici NeMO – I dati di questa indagine, infatti, non solo ci permettono di promuovere l’impatto positivo che la pratica sportiva adattiva ha sulla qualità di vita di chi vive una malattia neuromuscolare, a pochi mesi dal riconoscimento costituzionale dello sport, ma ci consente di comprenderne le opportunità di sviluppo per imparare a tracciare nuovi significati del concetto di cura”.
Promossa da NEMOLAB, con il patrocinio dei Centri Clinici NeMO, Associazione Famiglie SMA APS ETS, UILDM, FIPPS – Federazione Italiana Paralimpica Powerchair Sport e Comitato Italiano Paralimpico, con il contributo non condizionante di Roche Italia, l’indagine ha coinvolto 67 giovani adulti tra i 18 e i 40 anni e 50 genitori di bambini e ragazzi tra i 6 e i 18 anni, per un totale di 117 intervistati, distribuiti uniformemente per età e genere, la cui patologia necessita, per la maggior parte dei rispondenti, l’uso della carrozzina e l’aderenza ad un programma di riabilitazione presso un centro specializzato.
Lo sport come valore è il messaggio che emerge dalla totalità del campione ma, di fatto, chi lo pratica è il 34% dei bambini/ragazzi e quasi il 42% degli adulti intervistati. Seppur lontane dai numeri di chi non ha difficoltà motorie permanenti, queste percentuali sono il segno concreto dell’impegno delle Associazioni dei pazienti in questo ambito, in quasi cinquant’anni di storia. Il nuoto è lo sport più praticato dal campione, soprattutto in età evolutiva, seguito dagli sport di squadra, con la lunga tradizione del powerchair hockey e l’affacciarsi negli ultimi anni del powerchair football, soprattutto per le giovani generazioni.
A conferma di questo impegno, il presidente nazionale UILDM, Marco Rasconi, sottolinea: “Lo sport è una scintilla, un attivatore di energia. È strumento prezioso di inclusione senza perdere l’aspetto di competizione. Ed è proprio questo equilibrio che va protetto e mantenuto anche nello sport adattivo. Per un giovane con disabilità lo sport diventa un obiettivo fisso. Cominciare a fare sport rende tutte le altre attività più raggiungibili, perché di fronte al – non posso fare – legato ad una diagnosi, subentra il pensiero – posso fare tutto”.
Lo sport come valore è il messaggio che emerge dalla totalità del campione ma, di fatto, chi lo pratica è il 34% dei bambini/ragazzi e quasi il 42% degli adulti intervistati. Seppur lontane dai numeri di chi non ha difficoltà motorie permanenti, queste percentuali sono il segno concreto dell’impegno delle Associazioni dei pazienti in questo ambito, in quasi cinquant’anni di storia. Il nuoto è lo sport più praticato dal campione, soprattutto in età evolutiva, seguito dagli sport di squadra, con la lunga tradizione del powerchair hockey el’affacciarsi negli ultimi anni del powerchair football, soprattuttoper legiovani generazioni. A conferma di questo impegno, il presidente nazionale UILDM, Marco Rasconi, sottolinea: “Lo sport è una scintilla, un attivatore di energia. È strumento prezioso di inclusione senza perdere l’aspetto di competizione. Ed è proprio questo equilibrio che va protetto e mantenuto anche nello sport adattivo. Per un giovane con disabilità lo sport diventa un obiettivo fisso. Cominciare a fare sport rende tutte le altre attività più raggiungibili, perché di fronte al – non posso fare – legato ad una diagnosi, subentra il pensiero – posso fare tutto”.
Infatti, i dati confermano che praticare sport ha un forte impatto positivo sulla “Qualità di Vita” percepita (62% dei genitori e il 75% degli adulti), intesa secondo le linee guida della World Health Organization (WHO) come la misura con cui la persona si percepisce in relazione alla totalità dell’esperienza di vita. Parliamo di benefici fisici,come una migliore percezione delle proprie capacità e del proprio benessere fisico (70% dei rispondenti); un maggiore senso di autocontrollo mentale del proprio corpo e delle proprie abilità fisiche (55%) e un aumento del senso di operosità e di voglia di fare (80% degli adulti/68% dei genitori rispondenti).
“La scelta di iniziare un sport adattivo è dettata prima di tutto da un interesse personale – sottolinea la dottoressa Elena Carraro, medico fisiatra, referente area riabilitativa Centro Clinico NeMO Milano e co-curatrice dell’indagine – Tuttavia, è interessante notare come, nonostante gli intervistati frequentino un centro di riferimento per il trattamento riabilitativo, il 52% dei genitori e il 34% degli adulti riferisca di non aver ricevuto alcuna indicazione dal personale sanitario riguardo la possibilità di intraprendere attività sportive, con le eventuali controindicazioni o benefici. Per questo è importante continuare ad indagare anche dal punto di vista clinico e scientifico la relazione tra sport adattivo e salute, con scale di valutazione funzionali mirate, imparando nel tempo a valorizzare nella storia di malattia anche i benefici ed i vantaggi che lo sport può portare al loro benessere psico-fisico e alla qualità di vita”.
L’esperienza sportiva si rivela anche e soprattutto nella dimensione emotiva, psicologica e sociale, come riferisce la dottoressa Silvia Bolognini, psicologa di NEMOLAB e co-curatrice dell’indagine: “L’indagine conferma come anche lo sport adattivo coinvolga il benessere della dimensione più intima della persona e a questo si unisce tutto il valore relazionale del confronto con gli altri. Giocare in squadra è un potente veicolo per formare nuove amicizie, consolidare legami sociali e sperimentare il senso di appartenenza ad un gruppo, indipendentemente dall’età, come ha evidenziato quasi il 40% dei genitori e circa 66% degli adulti”.
Non solo, gli intervistati riferiscono una percezione di maggiore autoefficacia nell’utilizzare strategie per gestire la vita quotidiana (55% genitori e 53% adulti rispondenti); un miglioramento dell’autostima, con una maggiore consapevolezza delle proprie abilità personali ed una sicurezza verso se stessi (70% dei genitori e 78% degli adulti rispondenti); un aumento del senso di determinazione nel perseguire gli obiettivi (75% dei genitori e 84% degli adulti rispondenti); del senso di autorealizzazione personale e delle proprie aspirazioni ed un miglioramento dell’umore (60% dei genitori e 66% degli adulti).
“Attraverso l’attività sportiva adattiva i nostri bambini e ragazzi hanno la possibilità di mettersi alla prova in un campo da gioco e di vivere un’esperienza come i loro pari – continua Anita Pallara, presidente di Famiglia SMA APS ETS – È vero, si fanno i conti anche con i propri limiti, ma si imparano nuove skills per superarli e questo è fondamentale soprattutto per i bambini in fase di crescita e con una disabilità motoria come la SMA. La pratica sportiva, inoltre, aiuta a conoscere e a gestire il proprio corpo al di fuori delle attività ordinarie alle quali i nostri bambini sono abituati, come la fisioterapia e la riabilitazione, a rafforzare il legame con i genitori, stimolare nuove amicizie e creare legami di fiducia con persone al di fuori della propria cerchia familiare, come ad esempio con l’allenatore”.
Ma quali sono gli ostacoli che impediscono la pratica sportiva adattiva? Parliamo in particolare di barriere fisiche e strutturali, come la difficoltà di identificare un centro di riferimento accessibile a sport adatti alla propria patologia (87,8% dei genitori e 86,6% degli adulti), la fatica di organizzare e gestire i trasporti, la scarsa sostenibilità economica e la percezione di poca inclusività delle attività sportive proposte (50% degli intervistati).
“L’inclusione è il traguardo di un lungo progetto che viene costruito su basi culturali importanti in termini di partecipazione e condivisione. Questo è il valore straordinario dello sport – commenta Luca Pancalli, Presidente del Comitato Italiano Paralimpico – Questa indagine ci racconta di come lo sport possa migliorare sensibilmente la qualità della vita di persone con disabilità gravi e gravissime e favorire percorsi di socialità e di integrazione. Ma ci offre, allo stesso tempo, la descrizione di vite silenziose che giorno dopo giorno stanno cambiando la percezione della disabilità nella nostra società. Il movimento paralimpico è al loro fianco, nella loro testimonianza di entusiasmo ed impegno, a dimostrazione che con lo sport è possibile superare i propri limiti e contribuire alla costruzione di una società più giusta, più equa, più solidale”.
In Italia, il percorso di inclusione sportiva per la comunità neuromuscolare è iniziato cinquant’anni fa con gli sport adattivi di squadra: una sfida allora pionieristica che oggi rappresenta un’opportunità concreta e strutturata. Ma i cambiamenti della storia di queste malattie, grazie agli sviluppi della ricerca, all’avvento dei nuovi trattamenti farmacologici, all’evoluzione dei nuovi standard di cura e allo sviluppo della tecnologia modificheranno inevitabilmente anche l’esperienza sportiva ed il suo racconto.
“Per noi addetti ai lavori i benefici della pratica sportiva sono testimoniati dalla partecipazione e dalla resilienza dei tanti atleti, famigliari, volontari, tecnici, tifosi – spiega Andra Piccillo, Presidente Federale FIPPS – Ma indagini come quella realizzata nell’ambito di questo progetto sono occasioni fondamentali per realtà come la nostra di raccogliere dati ed evidenze statisticamente tangibili sui benefici e impatti che le discipline sportive che promuoviamo hanno sulla qualità della vita delle persone che le praticano e che le vivono. Evidenze di cui abbiamo immense prove sotto forma di storie, esperienze, aneddoti e racconti che vi invitiamo a sbirciare in occasione della giornata internazionale dedicata al Powerchair Hockey di domenica 7 aprile #ipchday”.
“Più che di diversità, a me piace parlare di unicità: siamo tutti diversi e per questo unici. Lo sport è tra gli strumenti più potenti di conoscenza di sé, degli altri, della bellezza dello stare insieme e delle regole che rendono libera, salutare e meravigliosa l’interazione tra le persone – ha concluso Amelia Parente – Rare Condition, Government Affairs & Transformation Enabling Head Roche Italia – È uno dei linguaggi universali capaci di compiere una operazione fondamentale per la coesione sociale: riconoscere l’unicità e il talento di ciascuno mentre si fonde con quello degli altri. È per questo che siamo orgogliosi di aver fatto parte del progetto educativo ‘La SMAgliante ADA’, che mette al centro la salute mentale, quella fisica e la diversità e inclusione come la vogliamo intendere: unicità di ciascuno e unità tra tutti”
Cambiamenti, dunque, che chiamano in causa tutti coloro che operano per rendere concreta la costruzione di una nuova visione di società, nella quale lo sport adattivo è protagonista e insieme strumento per la sua realizzazione, con il suo messaggio di pace ed il suo potere dirompente di cambiare il mondo. Questo, in fondo, è il tesoro da custodire in questa giornata. Per prendere visione del report integrale con i risultati dell’indagine, clicca sul pulsante: