28 febbraio 2025 – Le malattie neurologiche rare rappresentano oggi una sfida dal punto di vista clinico, scientifico e culturale. Questo è il messaggio emerso durante il Convegno “Advances in Management of Neurological Disease”, svoltosi a Brescia mercoledì 26 febbraio in occasione della Giornata delle Malattie Rare 2025. L’evento è stato promosso dal Gruppo di Studio di Neurogenetica Clinica e delle Malattie Rare della Società Italiana di Neurologia (SIN), con il coordinamento scientifico del prof. Alessandro Padovani, presidente SIN, insieme al prof. Massimiliano Filosto, direttore clinico del Centro NeMO di Brescia e coordinatore del gruppo di studio della società scientifica.
Esperti, istituzioni e persone con malattie neuromuscolari hanno fatto il punto su cosa significa oggi la gestione di una malattia neurologica rara, alla luce delle nuove possibilità diagnostiche e terapeutiche e, soprattutto, in relazione agli avanzamenti nella gestione della presa in carico. “Per essere efficaci abbiamo necessità di essere alleati e di avere una continuità di cura sul territorio che vede specialisti, medici di medicina generale, servizi socio-assistenziali, famiglie e associazioni insieme”, queste le parole del prof. Padovani nell’introduzione dei lavori.
Se è vero, infatti, che i progressi nella ricerca ci permettono di continuare a comprendere sempre meglio i meccanismi di esordio ed evoluzione per arrivare a nuovi trattamenti di cura efficaci, la priorità è quella di garantire la migliore qualità di vita attraverso una risposta di cura multidisciplinare, capace di porre al centro la persona e la sua famiglia, attraverso piani personalizzati di trattamento.
Si tratta di patologie con una prevalenza nazionale media dell’1,2% (font. Rapporto Uniamo 2024), che per la maggior parte sappiamo essere geneticamente determinate, grazie ad una capacità di lettura della mappa genetica che è aumentata esponenzialmente (fino a 5milioni di varianti genetiche). La sfida è comprendere e interpretare come queste varianti siano responsabili dell’insorgenza della patologia e come queste conoscenze diventino il presupposto fondamentale per l’introduzione dei nuovi approcci terapeutici.
Quali sono i passi da percorrere? Oltre agli studi genetici, è fondamentale continuare a perfezionare gli strumenti essenziali per la progettazione e l’implementazione efficace dei trial clinici. Parliamo della creazione dei registri di malattia; della definizione delle misure di outcome, ovvero dei criteri di valutazione della malattia; dell’importanza degli studi sulla storia naturale delle patologie e della definizione delle traiettorie di progressione. Strumenti e processi che si concretizzano solo con una capacità multidisciplinare di presa in carico e di gestione.
E per patologie multifattoriali come la SLA, questo approccio mirato e personalizzato è fondamentale percontinuare a comprendere la complessità dei meccanismi di esordio e progressione della malattia. Identificare e organizzare in modo chiaro i gruppi di pazienti, infatti, sulla base della storia clinica e delle caratteristiche fenotipiche, rappresenta il prerequisito fondamentale per lo sviluppo di studi farmacologici efficaci.
L’aderenza agli standard di cura riconosciuti nella gestione della Distrofia Muscolare di Duchenne (DMD) ha permesso negli anni di ridefinire il percorso della malattia. Gli studi clinici, infatti, intervengono su differenti meccanismi di patologia, come l’integrazione della distrofina, il supporto alla massa muscolare e la riduzione della progressiva debolezza muscolare e dell’infiltrazione adiposa.
E quali le prospettive? Le terapie innovative stanno cambiando la gestione della cura, aprendo a nuovi scenari nella presa in carico. Questa “nuova era” richiede una valutazione dell’evoluzione delle caratteristiche stesse delle patologie. Se pensiamo all’esempio della SMA, l’attenzione è posta prima di tutto alle modifiche funzionali degli aspetti motori, della nutrizione e del respiro, per la definizione di nuove raccomandazioni di cura condivise; ma anche allo sviluppo di studi clinici che vogliono individuare nuovi indicatori di misurazione, come l’affaticamento o la forza muscolare. E ancora, la malattia di Pompe, pur essendo più rara, rappresenta una buona pratica, in quanto prima tra le patologie neuromuscolari ad avere un trattamento farmacologico. E seppur oggi si aprono studi di terapia genica con diverse
tipologie di vettori, rimane prioritaria la necessità di raccomandazioni di cura condivise che considerino la qualità di vita percepita e le sue aspettative, a conferma di quella che è stata definita dal prof. Filosto “un‘evoluzione della domanda di cura e di salute, alla quale la gestione multidisciplinare della malattia deve sapere dare risposte alla persona”.
“Questa capacità di saper vedere oltre i protocolli clinici e il dato scientifico è ciò che permette di porre lo sguardo sull’esperienza di chi vive la malattia, fatta di paure, domande, progetti e aspettative”, è l’esortazione e l’invito del Segretario dei Centri NeMO, Alberto Fontana che, di fatto, richiama al valore culturale della “medicina di precisione”,capace di integrare l’alta specializzazione e accuratezza tecnica, con una visione della persona e della sua storia di vita, attraverso un percorso terapeutico/riabilitativo pensato “su misura” per ciascuno.
E allora “L’accesso equo alle terapie diventa anche un tema di diritto sociale, che ha necessità di essere sostenuto da un sistema di supporto, in cui la collaborazione tra clinici, famiglie, associazioni e servizi diventa fondamentale”. Con questo messaggio conclude i lavori il presidente dei Centri NeMO, Marco Rasconi, in una giornata celebrata con il contributo di 25 tra i maggiori esperti italiani in tema di malattie neurologiche e neurodegenerative rare, accolti da una comunità bresciana, presente con le sue istituzioni pubbliche, sanitarie e scientifiche.
A questo link il programma dei lavori.
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