La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa progressiva clinicamente caratterizzata da debolezza progressiva causata dalla degenerazione dei motoneuroni primari (cioè i neuroni che proiettano dalla corteccia al tronco cerebrale e al midollo spinale) e dei motoneuroni secondari (cioè i neuroni che proiettano dal tronco encefalico o dal midollo spinale al muscolo).
Si tratta di una patologia molto eterogenea e sia la manifestazione iniziale dei sintomi che la sua progressione possono variare da paziente a paziente. Alcuni hanno esordio con sintomi dovuti alla compromissione a livello spinale con una progressiva compromissione della funzione motoria degli arti, mentre altri presentano esordio bulbare, caratterizzato da disartria progressiva (perdita della capacità di articolare le parole in maniera corretta), seguita da disfagia (disturbi della deglutizione). La malattia conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori e morte per insufficienza respiratoria in un tempo variabile tra 3 e 5 anni, ma anche l’evoluzione può essere molto variabile (rapida, intermedia e lenta).
La malattia colpisce entrambi i sessi, anche se vi è una lieve preponderanza nel sesso maschile. È possibile affermare che l’incidenza, cioè il numero di nuovi casi che si presentano in un anno, è rimasta invariata negli anni, mentre è sicuramente aumentata la prevalenza, ovvero il numero di persone affette presenti in una popolazione in un dato momento. In Italia si manifestano in media cinque nuovi casi di SLA al giorno e si contano circa 6.000 persone affette. (Ogni 100.000 abitanti: incidenza: 1-2 casi, prevalenza: 7-10 casi).
L’aumento della prevalenza, sostanzialmente, è dovuto alla tempestiva presa in carico, al precoce trattamento del deficit respiratorio e nutrizionale, al perfezionamento delle cure palliative, al generale miglioramento delle condizioni di vita della persona malata e al cambiamento etico/culturale nei confronti delle proprie scelte di vita, di quotidianità. La SLA colpisce prevalentemente persone adulte in un’età compresa fra i 40 e 70 anni. Vi sono comunque casi in età giovanile così come in un’età più avanzata, fra i 70 – 90 anni.
Nella maggior parte dei pazienti la causa della SLA è sconosciuta e si ritiene che una serie di fattori insieme contribuiscano alla sua insorgenza, come predisposizione genetica, fattori ambientali e stile di vita. Alcuni individui presentano una componente familiare, associata a mutazioni in geni diversi che codificano per proteine che hanno svolgono una vasta gamma di funzioni per il neurone. Sono stati identificati almeno 20 geni, che se mutati possono essere causativi della malattia, tra cui 4: (SOD1, TDP-43, FUS e C9orf72) sembrano essere responsabili della maggior parte delle forme di SLA associate a mutazioni genetiche. Queste conoscenze sono importanti non solo per meglio investigare le cause della degenerazione dei motoneuroni, ma anche per mettere a punto delle terapie specifiche per i pazienti che sono portatori di questi geni mutati.
Le conoscenze sui meccanismi che contribuiscono alla degenerazione del motoneurone sono importanti anche per l’identificazione di farmaci ad azione neuroprotettiva che possano essere adeguati per i pazienti con forme di SLA sporadica, non riconducibili cioè ad uno specifico difetto genetico. Comprendere l’eterogeneità clinica e molecolare delle forme sporadiche rappresenta una sfida scientifica per il presente ed il futuro per tutta la comunità di ricercatori e clinici impegnati a studiare la SLA.